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Nel 2019 il Coordinamento CARE ha promosso una ricerca (1) a carattere nazionale (con quesiti quantitativi e qualitativi) indirizzata sia agli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado – pubbliche, private e paritarie – a partire dalla scuola dell’infanzia, sia ai genitori con figli adottati, frequentanti le scuole di ogni ordine e grado – pubbliche, private e paritarie – a partire dalla primaria di primo grado. La finalità era sia quella di intercettare alcune specificità segnalate da famiglie e insegnanti sia quella di monitorare i processi di attuazione delle Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati. I risultati di tale ricerca, oltre essere in parte apparsi in convegni e seminari, stanno venendo pubblicati (2) proprio in questi mesi.

E’ significativo estrapolarne alcune informazioni utili.

Dal campione dei genitori che risponde (ai questionari hanno risposto 1900 genitori circa) risulta che il 57,2% degli alunni adottati frequenta una classe in linea con il proprio anno di nascita, mentre il 32,7% è in ritardo di un anno e il 7,8% in ritardo di 2 anni. Questo è un dato interessante perché il ritardo di un anno è rappresentato quasi totalmente dai bambini e dalle bambine cui è stata concessa la deroga all’obbligo (3) o da quei bambini e bambine che, arrivati in età scolare, sono stati inseriti in una classe non corrispondente alla loro età anagrafica. La numerosità espressa delinea con chiarezza come tale scelta, particolarmente quella della deroga, non sia fatta da tutti. D’altra parte, si tratta di una risorsa pensata per chi ne ha bisogno, non certamente per tutti gli alunni adottati.

La difficoltà per le famiglie, in merito a questa possibilità, sta nel comprendere quando il proprio figlio o figlia ne abbia davvero bisogno senza sottostimare ma nemmeno sopravvalutare le conseguenze della sua storia personale. Di fatto è bene partire dal bisogno del bambino e chiedersi sempre quanto, per esempio, il fattore tempo in più alla scuola dell’infanzia sia importante e come potrebbe venire usato, con che progetti, dalla scuola.

Se è chiaro che per bambini adottati da poco possa essere un bene avere a disposizione un tempo dilatato anche solo per comprendere meglio la dimensione sociale ed affettiva in cui si è arrivati, tutto ciò è meno chiaro per bambini arrivati da più tempo. Serve molta elasticità e ricordare che non esiste il tempo perso, esiste solo il tempo vissuto. Per i bambini giocare, toccare, fare sono fondamentali per poter imparare e capire. Come anche è cruciale avere il tempo di conoscere affettivamente le proprie figure di riferimento. Nella decisione sulla richiesta della deroga sono dunque molto importanti le capacità di ascolto dei genitori rispetto ai bisogni dei propri figli, come anche il parere degli insegnanti e di tutti i professionisti che la famiglia consulta nel suo percorso post adottivo.

Un altro dato molto interessante della ricerca riguarda la numerosità dei bambini o ragazzi con bisogni educativi speciali (bambini o ragazzi con certificazione ai sensi della Legge 104, bambini con certificazione ai sensi della Legge 170, bambini con BES determinato dalla scuola stessa in presenza o in assenza di documentazione medica). Il campione dei genitori che rispondono indica che per il 39,2% dei figli è stato elaborato  un Piano Didattico Personalizzato (PDP) o un Piano Educativo Individuale (PEI) quali strumenti per la personalizzazione della didattica e l’inclusione scolastica.

L’attenzione verso i bambini e i ragazzi adottati con bisogni educativi speciali è crescente e non è un caso che la Commissione Adozioni Internazionali sempre di più evidenzi il dato nei suoi report. Nel 2018, ad esempio, il fenomeno ha interessato la maggioranza dei bambini e delle bambine per cui è stato autorizzato l’ingresso per adozione internazionale, circa il 70% del totale. Per quel che riguarda l’adozione nazionale non si ha disposizione un’analisi di questo genere. Una ricerca di Ricchiardi e Coggi (4) tuttavia evidenzia come, nel caso dell’affido, il 53% dei bambini del campione interpellati presenti difficoltà di apprendimento. La realtà dell’affido non va affatto sottovalutata visto che attualmente più della metà degli affidi va oltre i due anni.

I motivi di queste difficoltà sono molteplici e ampiamente studiati sia nazionalmente che internazionalmente. Hanno a che fare con una vasta pluralità di fattori tra cui contesti avversi prenatali, peri-natali e post-natali, come anche l’esperienza ripetuta di eventi traumatizzanti vissuti dai bambini in assenza di figure di attaccamento protettive (o subiti esattamente da quelle figure che avrebbero dovuto essere protettive). Il percorso stesso dell’adozione, con il suo succedere di transiti e separazioni, di cambiamenti improvvisi e repentini subiti dai bambini e dalle bambine, è un percorso che ha bisogno di una rielaborazione, ha bisogno che qualcuno dia continuità e senso alle interruzioni nel vissuto storico dei piccoli.

In questo contesto è da citare il noto lavoro di van IJzendoorn e Juffer.  Si tratta di una meta-analisi su 270 studi sull􏰀’adozione pubblicati dal 1950 al 2005. Da questa ricerca risulta come, da quando entrano in famiglia, i bambini adottati abbiano un recupero enorme in molte aree dello sviluppo ma uno squilibrio tra la potenzialità (QI) e la performance scolastica (5). Questa analisi è significativa e interroga il mondo adulto. A cosa è dovuto questo gap? Quali sono le ragioni di un calo di performance scolastica (al di là di chi ha certificati bisogni speciali)? Quanto è dovuto alla storia pregressa, all’uso di sostanze durante la gravidanza della madre biologica, quanto ad incuria e maltrattamenti, ad eventi ripetutamente traumatici, a problemi di attaccamento e quanto ancora alla nostra stessa struttura scolastica?

E’ un problema non da poco, visto che, troppo spesso sembra che, nella scuola, solo la medicalizzazione garantisca l’accesso a risorse aggiuntive laddove i bisogni degli alunni a volte sono soprattutto emotivi e e di natura psico-pedagogica.

Di fatto, indipendentemente dal perchè, molti alunni e alunne adottati si trovano inscritti nell’area del Bisogno Educativo Speciale. Per affrontare tutto questo è necessario, forse non sufficiente, investire anche sulla formazione degli insegnanti, per poter pensare ad una classe che accoglie o può accogliere alunni e alunne con percorsi di vita particolari, che possono avere avuto storie frammentate e interrotte e famiglie costruite dall’incontro di biografie differenti. In questo senso il percorso di Formazione CAI – IDI dedicato alla scuola può essere molto utile per insegnanti, operatori, educatori, genitori.

Mette infatti in allerta ciò che ancora rileva la ricerca del Coordinamento CARE in merito alla diffusione della formazione. Poco più della metà degli insegnanti (circa 1800) rispondenti afferma di conoscere le Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati  e solo il 21,1% ha effettuato una formazione specifica su questo tema. Tra gli insegnanti che rispondono le Linee di indirizzo sono maggiormente conosciute tra coloro che prestano servizio in una scuola pubblica e fra gli insegnanti della scuola primaria. I dati relativi alla formazione effettuata evidenziano una erogazione di formazione maggiore a nord, nella scuola pubblica  e diretta agli insegnanti della scuola primaria.  Relativamente alla nomina dell’insegnante referente sulle adozioni nelle scuole in cui insegnano i docenti del campione, solo il 28,3% di loro può contare sulla presenza di un collega referente.

La scuola rappresenta per gli alunni e alunne la società, e in essa si gioca buona parte del benessere dei bambini e dei ragazzi. La fiducia nelle proprie competenze, ossia l’autostima, si costruisce anche grazie al rimando che pari e insegnanti danno proprio nella scuola. Per questo è molto importante continuare a ricercare sul tema, ma soprattutto a promuovere una scuola che voglia stimolare e apprezzare le potenzialità di ogni alunno e alunna valorizzando esattamente quelle differenze che troppo spesso ancora sembrano ostacoli.


(1) La raccolta dati – realizzata utilizzando una piattaforma di questionari online – si inserisce nell’ambito della ricerca “La diffusione delle Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati”, inserita all’interno del progetto “In classe – Strumenti per favorire l’inclusione scolastica dei bambini adottati e fuori dalla famiglia di origine”, finanziato dalla Direzione Generale per lo Studente, l’integrazione e la partecipazione del MIUR.  La partecipazione all’indagine era libera e volontaria, indica quindi una tendenza (affidabile stante la vasta partecipazione).

(2) Monya Ferritti, Anna Guerrieri, Luca Mattei, Il percorso verso il successo formativo degli alunni adottati e alunni fuori della famiglia di origine: il ruolo della comunità educante, WELFARE E ERGONOMIA, 2020 Fascicolo: 1, P. 17-28, DOI:  10.3280/WE2020-001003.

(3) E’ da ricordare che la deroga all’obbligo scolastico (ossia il poter usufruire di un anno in più alla scuola dell’infanzia) è permessa – in assenza di certificazione ma in presenza di documentata motivazione – sia agli alunni adottati in nazionale che a quelli adottati in internazionale quando ne hanno necessità comprovate. Non è necessario che i bambini siano arrivati in famiglia da non oltre un anno.

(4) Ricchiardi P., Coggi C. (2019), Garantire il diritto allo studio e favorire la riuscita dei minori che vivono fuori dalla famiglia di origine. Lifelong Lifewide Learning, 15, 33, pp. 47-64.

(5) The discrepancy between adopted children’s positive attainment in terms of IQ and their somewhat delayed school achievement (in children adopted after their first birthday) may indicate an ‘adoption decalage’, that is, a gap between adopted children’s competence and their actual school performance (Van IJzendoorn et al., 2005).

 

Libri

Bomber L. (autore) e Vadilonga F. (a cura di). (2016). Feriti dentro. Strumenti a sostegno dei bambini con difficoltà di attaccamento a scuola. FrancoAngeli Editore, Milano.

Guerrieri A. e Nobile M. (2015). Una scuola aperta all’adozione. Edizioni ETS, Pisa. Collana Genitori si diventa.

Verardo A.R. e Lauretti G. (2020). Riparare il trauma infantile. Manuale teorico-clinico d’integrazione tra sistemi motivazionali e EMDR. Giovanni Fioriti Editore, Roma.

Articoli

van IJzendoorn M. H. and Juffer F. (2006). The Emanuel Miller Memorial Lecture 2006: Adoption as intervention. Meta-analytic evidence for massive catch-up and plasticity in physical, socio-emotional, and cognitive development  Journal of Child Psychology and Psychiatry 47:12, pp 1228–1245 doi:10.1111/j.1469-7610.2006.01675.x

Van IJzendoorn, M.H., & Juffer, F. (2005). Adoption is a successful natural intervention enhancing adopted children’s IQ and school performance. Current Direc- tions in Psychological Science, 14, 326–330.

Van IJzendoorn, M.H., Juffer, F., & Klein Poelhuis, C.W. (2005). Adoption and cognitive development: A meta-analytic comparison of adopted and non- adopted children’s IQ and school performance. Psy- chological Bulletin, 131, 301–316.

Affrontare le difficoltà di apprendimento dei minori che vivono al di fuori della famiglia di origine: una sfida – Paola Ricchiardi

I Disturbi specifici di apprendimento nei bambini adottati – Giada Lauretti

Le difficoltà dei ragazzi adottati nell’apprendimento scolastico: comprendere e aiutare – Roberta Lombardi

Guide scuola del Coordinamento CARE

Video

Video In Classe

ComuniCARE – intervista ad Anna Rita Verardo

Kit di emergenza – S1 Ep.2 – Narratività

 

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One Reply to “Scuola e adozione: quando ci sono bisogni specifici”

  1. […] essere consapevoli, formati, in rete. Estratti da The trauma and attachment aware classroom Scuola e adozione: quando ci sono bisogni specifici Adopted students and intersectionality, starting points for a first analysis I Disturbi […]

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