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Categorizzare i bambini e le bambine è una delle cose più rischiose che si possa fare. Quando si incontra un bambino o una bambina non dovrebbero entrare in campo automatismi di sorta, ma solo attenzioni. Serve ascolto e sguardo che permetta di capire come meglio accostarsi a loro.

Procedere per automatismi a scuola può essere ancora più rischioso perchè significa “separare” invece di “includere”. Inclusione significa guardare ogni alunno e alunna per come sta in classe, per le sue risorse, per le sue necessità, per i tempi di cui ha bisogno e quindi scegliere come intervenire (se intervenire si deve).

Adozione e affido non sono due sotto-voci della categoria Bisogno Educativo Speciale (BES), sono due dimensioni di vita e di vissuti. Può essere necessario, a volte, riconoscere un BES e a volte no.
E’ sempre una sconfitta quando “uno strumento” (il riconoscimento del BES ad esempio) diventa la risposta automatica davanti ad ogni percepita differenza o specificità.

Sarà un caso che diagnosi e riconoscimenti di BES piovono su tutte le tipologie di alunni con vissuti meno standard?

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