Quanto segue è estratto dal libro Una scuola aperta all’adozione di A. Guerrieri e M. Nobile (2015)
Non tutti sanno che è l’educazione ad essere obbligatoria, non la scuola. In Italia non si hanno statistiche definitive, ma le famiglie che scelgono l’alternativa alla frequenza scolastica sono all’incirca un migliaio. L’educazione parentale rappresenta la possibilità per ogni famiglia di scegliere la forma migliore di istruzione per i propri figli. La legge italiana riconosce, infatti, la possibilità di passare da una istruzione tradizionale, svolta nelle scuole, ad una educazione parentale, tenuta in casa dagli stessi genitori o da tutor. Molti possono essere i motivi che spingono le famiglie a provvedere diversamente ad istruire i figli, primo tra tutti quello pedagogico: una educazione sostenibile, che va incontro ai bisogni del bambino, non uniformandolo agli altri, mantenendo la sua unicità e peculiarità, nel rispetto dei suoi tempi di crescita e di apprendimento Vediamo in cosa consiste.
L’educazione parentale è l’istruzione impartita dai genitori o da altre persone scelte dalla famiglia ai propri figli. Si possono coinvolgere nell’educazione figure professionali di propria fiducia, che abbiano le competenze per trasmettere conoscenza e abilità. Alcune famiglie scelgono di seguire orari giornalieri, utilizzando testi e programmi scolastici, altre optano per l’apprendimento naturale dove si privilegiano i bisogni, gli interessi e le capacità dei figli. Le modalità di educazione parentale, dunque, possono essere diverse, a secondo delle specificità e della particolare situazione di un bambino o ragazzo. La scelta della famiglia può essere quella di utilizzare i testi scolastici, o di proporre una materia alla volta e passare a quella successiva solo quando quella precedente è stata assimilata completamente, o ancora di integrare con programmi esteri avendo bambini bilingue. Altre famiglie ancora praticano l’unschooling che è un proseguimento dell’attachment parenting e che porta a un apprendimento naturale che segue i ritmi e le passioni del bambino. La famiglia sceglie cosa e come insegnare, orientandosi ai desideri e alle inclinazioni dei propri figli: attraverso la conversazione, il gioco, la lettura e la scrittura, le lezioni all’aperto, il lavoro manuale, le attività in casa, e per i più grandi anche con i vari lavori di volontariato, e con il apprendistato.
In ogni caso chi sceglie di educare a casa è sottoposto alla Legislazione Statale.
La normativa di riferimento
L’articolo 30 della Costituzione italiana recita: “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”. Sottolineando che l’istruzione dei propri figli è in primis una responsabilità dei genitori, non dello Stato. Per educare i figli a casa, è necessario inviare una comunicazione scritta alla direzione didattica di competenza. Alla prima lettera va allegata l’autocertificazione attestante le capacità tecniche e le possibilità economiche dei genitori. Si tratta di una autocertificazione e non implica la consegna della dichiarazione dei redditi o il possesso di un particolare titolo di studio.
Nel caso il figlio risulti iscritto a un istituto, e che quindi abbia già frequentato in precedenza la scuola tradizionale, è necessario che venga ritirato dalla classe e dall’istituto. Il ritiro deve essere specificato nella comunicazione scritta.
Sul modello da compilare per l’iscrizione a scuola dei propri figli si legge: Le famiglie che – al fine di garantire l’assolvimento dell’obbligo di istruzione – intendano provvedere in proprio alla istruzione dei minori soggetti all’obbligo, devono, ai sensi dell’art. 1, comma 4, del Decreto Legislativo 25 aprile 2005, n. 76, “dimostrare di averne la capacità tecnica o economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità, che provvede agli opportuni controlli”.
Ciò significa che la scuola non esercita un potere di autorizzazione in senso stretto, ma di accertamento della sussistenza dei requisiti tecnici ed economici. Una volta presa la decisione di istruire il proprio figlio in casa o attraverso una rete di supporto tra famiglie dette di homeschoolers, si compila il suddetto modulo on line informando la scuola della scelta compiuta. E’ fondamentale questo passaggio per non incorrere in multe e sanzioni. Ogni anno, alla fine dell’anno scolastico, sono previsti gli esami per passare alla classe successiva.
L’Educazione Parentale può coprire tutti gli anni dell’obbligo scolastico, arrivando fino all’università. Ogni anno è possibile scegliere di rientrare nel sistema scolastico tradizionale. L’’homeschooling, infatti non è necessariamente una scelta che deve durare una vita. Gli esami di idoneità e quelli di licenza vengono fatti per formalizzare la carriera scolastica dello studente o per stabilire il suo livello di apprendimento. Il bambino/ragazzo si presenta, quindi, agli esami come privatista. Occorre preparare un programma scolastico entro marzo/aprile e allegarlo alla richiesta d’esame, presentando la documentazione alla scuola prescelta.
Garantire la socializzazione
La frequenza scolastica non riguarda soltanto aspetti relativi all’apprendimento ma anche aspetti relativi alla crescita relazionale, sociale ed emotiva. Stare in classe significa, infatti, rapportarsi costantemente con gli altri imparando le importanti regole della vita sociale e della convivenza. E’ fondamentale, dunque, che nel caso si scegliesse l’educazione parentale, sia garantita ai figli la possibilità di frequentare i loro pari, proprio per garantire un essenziale aspetto della crescita sociale. E’ un aspetto che non va trascurato poiché la pienezza di ciascun individuo dipende proprio dall’integrazione tra la sfera cognitiva e quella emotiva e relazionale. In carenza di uno di questi aspetti la persona crescerebbe in modo carenziato ed incontrerebbe forti difficoltà a partecipare con serenità al proprio mondo circostante.
Vanno quindi previste per i figli le attività che sviluppino il loro senso di appartenenza all’ambiente sociale, integrando le ore di studio con quelle dedicate al gioco e alla relazione con gli altri. Nell’elaborazione del percorso di istruzione vanno valutate le offerte del territorio quali: l’educazione fisica che privilegi gli sport di squadra, la frequenza in ludoteche, biblioteche ragazzi, sedi associative dedicate all’infanzia e all’adolescenza, i campi estivi, tutte le occasioni di gioco che mettano i bambini in contatto con gli altri e che sviluppino in loro la creatività ed il piacere del confronto, dell’alleanza e dell’amicizia.
La rete tra genitori
Può essere molto utile sapere che in molti casi i genitori interessati all’istruzione parentale si sono aggregati in gruppi formali ed informali. Ciò accresce la possibilità di elaborare un progetto educativo arricchito dal dalle competenze e dalle creatività di ciascun membro del gruppo oltre che da la possibilità di confrontarsi periodicamente per sciogliere dubbi, per attingere da altre esperienze, per rafforzarsi. L’istruzione parentale comprende inoltre la possibilità di costituire delle associazioni di genitori, le quali si avvalgono del contributo di insegnanti privati regolarmente assunti per seguire l’istruzione del gruppo di bambini.
Costituirsi in un gruppo dello stesso territorio da inoltre la possibilità di condividere i costi economici per l’assunzione di insegnanti e distribuirsi il carico di lavoro prestando a turno alcune ore al progetto educativo, secondo le proprie possibilità, conoscenze e competenze. In molti casi infatti, si scegli di delegare alcune ore di insegnamento a docenti ed educatori e occuparsi dell’istruzione del proprio figlio o di altri bambini che partecipano al progetto in prima persona o in alternanza con altri genitori.
E’ importante sottolineare che l’istruzione familiare non si svolge solo a casa, o nel locale concesso dal comune o preso in affitto da più famiglie insieme, ma anche nell’orto, in biblioteca, in palestra, in piscina o nella casa del vicino. Si scelgono gli obiettivi e ci si focalizza su come i bambini sono in grado di apprendere con naturalezza, senza imposizioni, per autentica passione. Si sceglie cosa e come imparare, rispettando le individualità, orientandosi ai desideri e alle inclinazioni dei figli, coinvolgendo nell’educazione chiunque abbia la voglia e la capacità di trasmettere conoscenza e abilità, sfruttando tutte le fonti di conoscenza e competenza che, a ben guardare, sono disponibili nell’ambiente circostante alla famiglia. In questo senso la rete tra genitori o con referenti di associazioni e gruppi culturali può essere un’importante risorsa per la riuscita del progetto. Ci sono moltissime risorse disponibili nelle comunità, molte gratuite: biblioteche, musei, siti storici, botteghe artigianali, parchi naturali, agriturismi. Si possono contattare le persone che si conoscono con capacità e conoscenze particolari, che possono mostrare come si fa qualcosa, rispondere a delle domande, lasciare che i bambini li osservino o li aiutino mentre lavorano.
Scuola parentale e figli adottati
La scuola parentale, può rispondere in taluni casi, ai bisogni specifici dei bambini adottati e delle loro famiglie. Può essere innanzitutto una scelta efficace all’arrivo dei figli, soprattutto nei casi in cui i bambini presentino traumi e forti paure vissute nella loro esperienza di vita precedente. Spesso si tratta di bambini che reggono difficilmente le regole scolastiche: fanno fatica a stare seduti per molto tempo, possono avere comportamenti di forte disturbo in classe, possono manifestare atteggiamenti aggressivi causati da una rabbia conseguente a situazioni negative o ad un difficile adattamento iniziale alla loro nuova vita e alla nuova famiglia. Sono questi aspetti che solitamente migliorano e progrediscono con il tempo ma che, nel caso di un prematuro inserimento in una situazione complessa qual è quella scolastica rischiano di peggiorare se non addirittura degenerare.
Ci sono inoltre casi in cui i bambini arrivano nella famiglia adottiva già grandicelli (9/10 anni) e analfabeti. Si tratta di una condizione che rende difficile la scelta della loro classe di frequenza. Inserirli in prima elementare garantisce loro una serenità nei ritmi di apprendimento ma rende difficoltosa la loro socializzazione con i loro pari, molto più piccoli. Al contrario l’inserimento nella classe corrispondente alla loro età anagrafica rischia di metterli in seria difficoltà dal punto di vista dell’apprendimento, imponendo loro ritmi schiaccianti e poco rispettosi dei loro bisogni. In entrambi i casi le scelte incidono sulla loro già frequentemente bassa autostima. Il confronto con i compagni può infatti risultare fortemente frustrante e suscitar un senso di inadeguatezza e di spiccata diversità. Sono questi i casi in cui, almeno un anno di scuola parentale, può aiutare i bambini a superare un divario iniziale rispetto ai coetanei, può garantire loro un rafforzamento delle abilità cognitive che consenta in seguito un inserimento più sereno nella scuola tradizionale, può dare loro un tempo sufficiente per inserirsi nella nuova famiglia, recuperare una maggiore serenità, elaborare aspetti emotivi compromessi dalla loro storia pregressa.
L’educazione parentale può inoltre venire in soccorso di bambini e famiglie quando la loro frequenza scolastica si presenta difficoltosa, quando appaiono evidenti le criticità nell’apprendimento o nella relazione con gli altri, quando, infine, insegnanti poco accoglienti e poco competenti in materia adottiva creano situazioni di forte disagio. In breve, quando i figli vanno malvolentieri a scuola o addirittura si oppongono alla frequenza, può essere d’aiuto la scuola parentale, che riporta una serenità e attutisce i conflitti e l’oppositività per un tempo sufficiente a riformulare un percorso scolastico tradizionale.
Last modified: 27 Giugno 2021